I disturbi comportamentali e i disturbi dello sviluppo nei bambini sono in drammatico aumento. I ricercatori di neurologia attribuiscono il fenomeno ad un costante ed impercettibile avvelenamento da sostanze chimiche ed esigono un cambiamento radicale – a ragione?

“Oggigiorno la percentuale dei bambini che vengono al mondo con un disturbo dello sviluppo neurologico varia tra il 10 al 15% “, è quanto scrivono Philippe Grandjean dell’ University of Southern Denmark di Odense e Philip Landrigan della Harvard University nella loro recente pubblicazione sulla rivista Lancet Neurology.

Le conseguenze di questi disturbi dello sviluppo sono drammatiche: “Compromettono la qualità della vita, ostacolano lo sviluppo professionale, favoriscono i disturbi comportamentali mettendo a repentaglio il benessere e la produttività dell’intera società.”

I ricercatori ritengono che questo fenomeno sia da attribuire, tra gli altri fattori, ad un silenzioso avvelenamento dovuto ad alcune sostanze chimiche di produzione industriale presenti nell’ambiente.

“Certo anche alcuni fattori genetici hanno un ruolo nell’insorgenza di queste malattie, ma non sono sufficienti, da soli, a spiegare un così rapido aumento dei disturbi comportamentali e di sviluppo neurologico”, affermano gli scienziati.

Solamente il 30 fino al 40 % della totalità delle malattie neurodegenerative sono attribuibili a fattori genetici, continuano i ricercatori spiegando perché, secondo loro, sono le sostanze chimiche presenti nell’ambiente ad avere un ruolo prioritario nello sviluppo di queste malattie.

Nella loro meta-analisi i ricercatori hanno raccolto dati in grado di dimostrare gli effetti nocivi sul cervello relativi a ben 11 sostanze chimiche di produzione industriale di uso comune.

E sono convinti che il numero delle sostanze velenose di cui si ignora ancora la tossicità sia molto maggiore.

Tra queste ricordiamo: piombo, metilmercurio, arsenico, policlorobifenili, noti spesso con la sigla PCB, e toluene.

Inoltre: il manganese, il fluoruro, il tetracloroetilene, i pesticidi clorpirifos e DDT/DDE e l’etere di difenile polibromurato.

Secondo gli autori dello studio sono necessarie delle normative ambientali più severe e dei criteri più esigenti per l’autorizzazione all’immissione in commercio e all’utilizzo di queste sostanze.

Nel frattempo è sempre consigliabile fare attenzione a possibili esposizioni, soprattutto in età pediatrica e, in caso di disturbi comportamentali, procedere ad un’indagine ambientale come ad esempio la determinazione della formaldeide negli ambienti chiusi (oggi si può fare mediante il Bio-Chek F), e/o ad un biomonitoraggio per rilevare la presenza o l’allergia a metalli.

Utile inoltre segire anche terapie naturali di detossificazione.

 

Fonte docchecknews