Le sezioni del rapporto dell’EFSA che riesaminano gli studi sul potenziale impatto del glifosato sulla salute umana sono stati copiati, quasi parola per parola, dal dossier presentato da Monsanto. Sono 100 pagine sulla potenziale genotossicità, la cancerogenicità e la tossicità riproduttiva del pesticida

Parti del rapporto dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) che ha valutato i rischi dell’uso del glifosato sono stati copiati dalla richiesta di rinnovo dell’autorizzazione di Monsanto.

Monsanto è la società che ha inizialmente sviluppato il glifosato, il principio attivo usato per produrre erbicidi come il Roundup. Una sostanza che vende da decenni, gestendo un mercato mondiale da miliardi di euro.

I governi dell’Ue, tra cui l’Italia, e la Commissione europea devono decidere nei prossimi mesi se rinnovare o meno l’autorizzazione per il commercio e l’uso di glifosato, che è in scadenza alla fine di quest’anno. Alla base della decisione ci sarà appunto il rapporto preparato dall’EFSA nell’ottobre 2015, che prende in considerazione criteri quali il possibile impatto sulla salute umana e i rischi ambientali.

Durante l’intero processo di revisione dell’autorizzazione, gli enti responsabili della valutazione dell’EFSA, come l’Istituto federale tedesco per la valutazione dei rischi (BfR), hanno affermato che la loro opinione è basata esclusivamente sulla propria valutazione obiettiva delle ricerche scientifiche sul glifosato, ma qualcosa non torna.

Confrontando la richiesta di rinnovo dell’autorizzazione che Monsanto aveva presentato nel maggio 2012 per conto della Glyphosate Task Force, un consorzio di oltre 20 aziende che commercializzano prodotti a base di glifosato in Europa, e la relazione dell’EFSA si nota chiaramente che la realtà è ben diversa. Entrambi i documenti sono accessibili online, ma finora nessuno aveva pensato di esaminarli con più attenzione e confrontarli.

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